Storia dei relitti del Mar Baltico
Il Mar Baltico da sempre rappresenta una meta fondamentale per i subacquei tecnici appassionati di relitti. Le particolari condizioni di poca salinità, ossigeno rarefatto e luce quasi sempre assente sott’acqua caratterizzano queste acque che preservano i relitti e le loro parti in legno. In questo mare giacciono relitti famosi in legno e quelli della seconda guerra mondiale. Nel famoso “D Day” gli alleati sbarcarono in Normandia catturando la Francia e pochi mesi dopo vennero liberate anche Olanda e Belgio. In seguito alla perdita dei porti in queste nazioni i tedeschi spostarono la maggior parte delle loro navi nei porti del Sud del Baltico comprese imbarcazioni di ogni genere e navi da crociera oceanica che fungevano da accampamenti e ospedali. Gdynia a nord di Danzica divenne un centro di addestramento per U-boat e cantiere per le riparazioni di tutta la flotta nazista. il 12 gennaio 1945 oinizio la controffensiva delle trupe sovietiche che circondarono i porti nazisti del sud del Baltico rendendo la via marittima l’unica via di fuga per le truppe e i civili tedeschi. Decine di migliaia di persone e migliaia di veicoli e carri trainati da cavalli si spostarono disperatamente verso i porti attraversando la laguna di Vistula in condizioni metereologiche durissime. Il 21 Gennaio del 1945 l’ammiraglio Karl Dönitz ordinò l’Operazione Annibale che aveva come primo obiettivo di salvare la maggior parte dei civili e dei feriti via mare. Alla fine di Marzo 580mila persone erano state imbarcate su navigli di qualsiasi tipo nei porti di Gdynia e Danzica prima dell’arrivo dell’armata Russa e altre 100.00 furono evaquate nella penisola di Hel che divenne il maggior punto di evacuazione quando Gdynia e Danzica capitolarono. La maggior parte dei relitti conosciuti dai subacquei in queste acque affondarono nel corso dell'”Operazione Annibale” ed affondarono sotto il pesante fuoco delle forze aeree sovietiche. Sui tre più noti relitti, il Wilhem Gustloff, il Steuben ed il Goya perirono circa 20 mila civili e soldati feriti. Nonostante l’enorme tragedia l’ “Operazione Annibale” coinvolse circa 2 milioni di persone diventando la più grande operazione di evacuazione marittima della storia , seppur causando 36000 morti. Oggi, nel Mar Baltico ci sono numerose tracce di questa operazione fra relitti e resti umani che testimoniano le atrocità della guerra a monito delle alle prossime generazioni. (Tomasz Zwara)

Arrivo ed imbarcazione ESPACE
Arriviamo dopo 1500 km al porto di Gdynia dove ancorato in banchina ci aspetta l’Espace, la barca da immersioni tecniche di Tomasz Stachura, titolare di SANTI, che ci accompagnerà per i prossimi giorni. Si tratta di un catamarano a motore con circa 1200CV e fornito di ascensore, 10 posti letto, cucina, ampio specchio di poppa e una plancia comando con i più sofisticati strumenti di mappatura del fondo e navigazione. Tomasz ci stringe la mano si presenta e dopo il trasbordo dell’attrezzatura ci spiega come saranno pianificati i prossimi giorni e come usare al meglio gli spazi a bordo. Le procedure d’immersione sono spiegate più avanti, ma l’efficenza degli spazi e dello staff sono fondamentali per poter effettuare immersioni in sicurezza, In coperta c’è spazio per tutti e la comoda cucina ci permetterà di cucinare dando un tocco di italianità alle prossime giornate.

Immersioni su Franken, sull’U-272 e su un relitto inesplorato.
Ci immergeremo con tre 6 CCR (due rEvo, un Megalodon, un JJ, e due Liberty sidemount) e due attrezzature a circuito aperto. Ognuno dei subacquei si porterà 2 o 3 stages/bailout a seconda del tuffo oltre agli scooters subacquei.
I primi giorni ci immergeremo sulla petroliera Franken poggiata su un fondo di 74m.
Il Franken era una moto cisterna lunga 177 mt, larga 22 mt e di 10.800 tonnellate di dislocamento. Costruito dall’azienda metalmeccanica tedesca Deutschen Werke e a Kiel l’8 giugno 1939.
Armato con 3 cannoni da 15 cm SK C/28, 16 mitragliere automatiche Oerlikon da 16 mm e 2 cannoni antiaerei da 3,7cm FlaK M42U era il rifornitore di torpediniere, dragamine e del Prinz Eugen, incrociatore pesante della Kriegsmarine tedesca preso in consegna dagli americani a fine delle ostilità e usato come bersaglio nucleare nell’operazione Crossroad ed ora si trova al largo dell’atollo di Kwajalein (isole Marshall).
Se vuoi vuoi leggere di più sulle immersioni nelle Isole Marshall e sulla portaerei SARATOGA clicca qui: http://www.ymecarsana.com/uss-saratoga-atollo-di-bikini-destinazione-top/
La prima immersione dci permette di ambientarci e di iniziare a capire la struttura del relitto e la seconda ci permetterà di esplorarlo più approfonditamente con l’aiuto di Tomasz e del sio potente faro da 30.000 lumen. Il relitto è immerso nelle acque buie di 3 gradi e la parte poppiera è rimasta intatta con lo splendido pagliolato in tek e cannone. A metà strada fra la possa e il castello di comando, in prossimità delle stive si intravedono enormi verricelli e un telemetro di artiglieria in rame oltre a diversi bracci delle gru di carico. Il castello di comando di più piani permette la penetrazione da babordo a tribordo fuoriuscendo in prossimità del secondo cannone rivolto verso l’alto. La parte di prua è stata distrutta dal bombardamento ma passando sul lato del castello rivolto verso l’esplosione di può vedere uno spaccato della struttura. La visibilità è ottima ma il tempo a disposizione non è molto e ci aspetta una lunga decompressione nella fascia di mare che per fortuna è più calda.

Se vuoi vedere un video del relitto Franken clicca qui https://youtu.be/slB57TTXGx8
Nei giorni successivi ci immergeremo su sommergibile tedesco sigla U-272 che giace alla profondità di 47 metri fuori dalla penisola di Hel. Appartenente all’8^ Flottiglia, al comando tenente Horst Hepp, affondò il 12 novembre 1942 a Nord della penisola di Hel durante una crociera di addestramento, a seguito di una collisione con un altro sottomarino tedesco, ‘U-634 tipo VIIC, appartenente alla 5^ Flottiglia, al comando del capitano Hans-Gunther Brosin. A bordo, al momento dell’incidente, erano presenti 41 membri dell’equipaggio. A causa della collisione persero la vita ventinove membri dell’equipaggio, mentre dodici compreso il comandante si salvarono evacuando grazie all’utilizzo di apparecchi di salvataggio individuali.
Scendiamo nell’ordine: primo team Dado, Uroš e Dragan, secondo team Yme, Massimiliano e Mauro, terzo team Maurizio ed io. Arriviamo sul pedagno situato proprio vicino alla torretta. Parte del relitto è avvolto da reti ma il relitto di un sommergibile, benché sommerso in parte dalla sabbia, è sempre molto affascinante. Temperatura dell’acqua sempre 4 gradi sul fondo. Sorvoliamo la suggestiva torretta con il periscopio ancora ben visibile. Dirigiamo verso la prora ed il primo elemento che incontriamo è il cannone da 8.8 cm Skoda C/35.

Effettueremo un’altra immersione a in un punto geografico poco distante, su un relitto oggi non ancora identificato, alla profondità di 43 metri, al fine di raccogliere della documentazione fotografica utile ad una futura identificazione ufficiale e presentazione in occasione del Baltictec che ti terrà a Gnydia a Novembre.

In alcuni giorni le condizioni meteo-marine non ci hanno permesso di immergerci ma abbiamo approfittato per visitare l’azienda di mute stagne SANTI e la meravigliosa penisola di Hel dove abbiamo soggiornato per rimanere a ridosso del forte vento da sud. La tragedia consumata a Hel nella fase di evacuazione ritorna alla memoria mentre passeggiamo per le vie dell’incantevole paesino di pescatori a fianco delle lunghe spiagge di sabbia bianca.

Considerazioni pratiche per le immersioni tecniche in Mar baltico
Dalla penisola di Hel partiamo per rientrare al porto di Gdynia con un mare formato e un forte vento. L’Espace, il catamarano armato appositamente per le immersioni tecniche e fornito di ascensore, fa non poca fatica a staccarsi dalla banchina e fuoriuscire dall’area di transito fra due due antichi motorsailor in legno. Navigando prendo in considerazione le giornate passate e le immersioni che tecnicamente non sono state affatto semplici non tanto per le profondità (talvolta rilevanti..), ma per diversi fattori ambientali rilevanti. Ecco la descrizione delle procedure d’immersione:
Una volta deciso il punto d’immersione compatibile con le condizioni meteo marine, ci si porta sopra il relitto prescelto individuato con lo scan-sonar e si procede a lanciare il pedagno con una grossa boa arancione. Ad operazione terminata, il comandante suona la sirena e il primo team già con la muta stagna e il riscaldatore indossati, inizia a vestire l’attrezzatura.
Dalla barca si entra in acqua con il passo del gigante dalla battagliola poppiera di dritta indossando tutta l’attrezzatura.
Lo staff di bordo aiuta a collegare tutte le bombole di fase all’imbrago del CCR o del bibombola, ad indossare le pinne, a collegare lo scooter al D-ring della fettuccia cosciale e a rimanere in equilibrio in piedi con circa 100kg di attrezzatura: operazione non semplice con il continuo rollio dell’imbarcazione.
Un altro suono di sirena segnala al primo subacqueo del team che può entrare in acqua, darà un veloce ok e con lo scooter si avvicinerà velocemente alla boa del pedagno senza afferrarlo per non spostarlo.

Quando tutto il team avrà raggiunto il punto inizierà la discesa attraverso un primo strato di acqua verdognola e con pochissima visibilità per poi raggiungere, a circa 40m, la zona con visibilità molto migliore, ma completamente buia dato che la luce non riesce a penetrare dalla superficie. Scendendo si usa lo scooter per rimanere molto vicini alla cima e al gruppo sincerandosi di effettuare la procedura di controllo S-drill a coppie.
Giunti sul fondo se il pedagno non fosse sul punto giusto, si inizia la ricerca per poi collegare il relitto alla cima di discesa tramite un reel. Fondamentale è anche posizionare una luce stroboscopica alla cima del pedagno perché risalire senza ritrovarla può essere un grosso problema a causa delle forti correnti e del mare spesso formato che renderebbero difficile individuare il subacqueo allontanato dalla corrente durante la decompressione.
L’acqua sul fondo è all’incirca di 4C quindi è necessario un pesante sottomuta con riscaldatore, un cappuccio spesso i guanti stagni. In caso di infiltrazione di acqua nella muta o nei guanti è fondamentale interrompere immediatamente l’immersione e risalire verso le tappe di decompressione con tutto il team. In immersione il sistema d’illuminazione dev’essere efficace e potente e tutti i subacquei devono avere una torcia di rispetto. Esplorando il relitto ci si muove in parallelo per illuminarlo meglio facilitando la visione d’insieme e l’orientamento. La pianificazione di sicurezza impone di rientrare al raggiungimento di 1/3 della prima delle seguenti risorse di sopravvivenza:
– gas di fondo
– durata torcia
– durata alimentazione riscaldatore
– durata batterie scooter
– filtro CCR
Il rientro alla cima e la risalita è un altro momento delicato perché con corrente forte la decompressione viene interamente eseguita usando lo scooter per rimanere a contatto visivo con il resto del team e con il pedagno. A questo proposito è necessario notare quanto sia fondamentale avere sotto-guanti adeguati (meglio se riscaldati) perchè le mani maneggiano costantemente il DPV e rimangono sotto il livello del corpo minimizzando la circolazione dell’aria nei guanti stagni.

Finita la decompressione tutto il team risale in superficie e rimane in prossimità della boa dando l’ok al personale di bordo. Il capitano manovrerà la barca con i comandi rinviati a poppa per vedere meglio la zona di avvicinamento e suonerà la sirena quando il primo subacqueo potrà muoversi in superficie con lo scooter verso l’ascensore che lo aiuterà a risalire a bordo. Non è semplice entrare perfettamente nella piattaforma mobile perché la barca rolla significativamente e le onde colpiscono il diver. Ampie maniglie laterali aiutano questo compito e lo staff al momento giusto attiverà il meccanismo di risalita: come il corpo esce dall’acqua ci si sente schiacciare dal peso dell’attrezzatura, ma lo staff sgancerà velocemente tutte le bombole di fase e il DPV aiutando i subacquei a sedersi nella loro postazione affinché possano staccare la frusta della stagna, il cavo del riscaldatore e uscire dall’imbracatura.
Con il sorriso sulle labbra ci si spoglia dalla muta e si sorseggia un meritato te caldo.
